Chi potrà andare in pensione nel 2023? Ecco le nuove regole

L’ordinamento italiano fa riferimento ad una repubblica fondata su lavoro, al quale segue in maniera quasi istintiva anche un opportuno ritiro dalle attività professionali che prevedono anche l’uscita “giusta” da questo contesto con una opportuna e “giusta” pensione, concetto che però non è sempre attuabile in maniera conveniente. Andare in pensione nel 2023 non è molto diverso dagli anni passati, anche se il nostro paese deve fare i conti con un compendio di problematiche sociali ed economiche. Ma chi può andare in pensione in questo 2023?

Chi potrà andare in pensione nel 2023? Ecco le nuove regole

E’ stato confermato il limite d’età corrispondente alla quota pensionabile di 67 anni e 20 di contributi, andando a corrispondere la cosidetta pensione di vecchiaia, fattore che però viene spesso affiancato da metodologie che permettono di uscire dal mondo del lavoro senza particolari condizioni negative.

Anche nel 2023 è stata concepita la possibilità di usufruire della pensione anticipata: per ottenerla, come per lo scorso anno sono necessari 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini (2227 settimane) e 41 anni e 10 mesi di contributi le donne (2175 settimane). Dopo aver fatto richiesta ed ottenuto l’ok, il primo assegno pensionistico in questo caso viene erogato dopo 3 mesi dall’accettazione della domanda.

L’ex Quota 100, divenuta 102 lo scorso anno è stata prorogata nel funzionamento in questo nuovo anno, anche se viene chiamata Quota 103, e corrisponde alla metodologia di calcolo misto tra contributi anagrafici e pensionistici, nello specifico 62 anni di età anagrafica e 41 anni di contributi se i requisiti sono raggiunti entro il 31 dicembre 2023.

Anche in questo caso è prevista la “finestra mobile” di 3 mesi per i dipendenti e di 6 mesi per gli autonomi.

Prorogata seppur modificata Opzione Donna (Regime Donna), che permette alle donne con almeno 60 anni di età e 35 anni di contributi di andare in pensione, a patto che i requisiti siano stati raggiunti entro la fine del 2022.  Queste devono però presentare uno status specifico, ad esempio devono essere considerabili caregivers (ruolo che prevede la cura per il coniuge o un parente stretto non indipendente da almeno 6 mesi), oppure in possesso di un’invalidità del 74 % come minimo oppure soggette a licenziamento da aziende in crisi.

Luca Lisuzzo

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