Il concetto di busta paga è a dir poco conteso e discusso da moltissimi, in quanto corrisponde a qualcosa di molto importante per l’ordinamento lavorativo e quindi anche contributivo per il nostro paese. Ad ogni nuova legislatura questo documento viene influenzato, ma anche alla fine di ogni anno solare sono più o meno definite le novità inerenti al mondo del lavoro che finiscono anche per influenzare la busta paga intesa come entità, definita anche per dare l’idea del reddito in entrata per la maggior parte dei lavoratori italiani. Viene infatti presa “ad esempio” da parte dello stato per definire la capacità di acquisto e quindi la ricchezza di un lavoratore o ancora in maniera più generica, anche in relazione ai nuclei familiari, trattandosi quella italiana di una realtà che culturalmente sostenuta dai lavoratori privati.
Anche nel mese di giugno 2023 la busta paga avrà come contenuto un apporto di cambiamenti già ufficializzati dalla fine del 2023, saranno anche presenti dei cambiamenti piuttosto radicati per categorie definite.
Il timore da parte dei lavoratori è sempre quello di vedere la propria busta paga diminuire rispetto a quelle precedenti, in modo specifico in corrispondenza delle varie forme di crisi che da oramai diversi anni purtroppo influiscono oppure hanno influito sull’apparato dei cittadini.
In realtà il problema non è unicamente rivolto alle varie problemantiche che si sono susseguite nel corso degli ultimi periodi (basta pensare al Covid ed a tutti gli effetti relativi, ma anche alle varie forme di crisi economiche) ma anche attraverso una graduale e progressiva perdita del potere d’acquisto del denaro.
Questo fenomeno, generato soprattutto dall’inflazione, porta quindi una minore effcacia del denaro e prezzi più alti, quindi anche gli ultimi governi sono praticamente obbligati a prendere provvedimenti, in modo particolari su stipendi e pensioni, tra le metodologie più utilizzate spicca quella inerente all’aumento degli importi, così da mantenere una possibilità di acquisto sostenibile.
Dall’inizio del 2023 l’esecutivo capitanato da Giorgia Meloni è stato orientato a seguire le politiche inerenti al cuneo fiscale che da sempre costituisce una forma di “scorciatoia”, adottata anche in passato ma in condizioni temporane, e che si riflettono in generale con fare “positivo” in busta paga.
In buona sostanza la riduzione del cuneo fiscale prevede una forma di abbassamento delle numerose imposte inerenti al mondo del lavoro, che diventano quindi a carico dello stato, con questa azione le buste paga aumentano sensibilmente, fattore che viene calcolato però non in modo generale per tutte le categorie professionali o di reddito ma a scaglioni, nella maggior parte dei casi, ed anche le buste paga di giugno 2023 proporrà diverse categorie apparentemente più tutelate da questo importante “sconto” rispetto ad altre.
Attraverso il Decreto Lavoro l’attuale esecutivo ha ulteriormente potenziato per la seconda parte del 2023 il taglio al cuneo fiscale, che era stato già attivato dall’esecutivo precedente, ed attualmente il taglio risulta essere pari al 3% sui contributi sui redditi fino a 25 mila euro, mentre per coloro che guadagnano dai 25 mila fino ai 35 mila euro è stato confermato il 2 %.
Il nuovo Decreto Lavoro, ufficializzato durante la primavera, ha ulteriormente aumentato questa soglia dall’appena citato 2 % fino al 6 % per i redditi fino a 35 mila euro, mentre per i redditi effettivi fino a 25 mila euro il taglio al cuneo fiscale passa dal 3 % al 7 %.
Come si “traduce” tutto questo in busta paga? Per chi guadagna 35 mila euro questo si confgura in un aumento sensibile dello stipendio in busta paga da 90 fino a 100 euro, mentre per i lavoratori privati che guadagnano fino a 25 mila euro mensili questo signfica un incremento appena inferiore, quindi “equilibrato” ad importi maggiorati pari 60 – 70 euro mensili.
Questi cambiamenti sono maggiormente radicalizzati e generici, e non fanno parte di quelli legati a CCNL specifici, ma sono per l’appunto orientati ad essere calcolati in base ai redditi.
Per forza di cose “restano fuori” altre categorie di reddito, quindi chi guadagna di più dei già citat 35 mila euro annui, anche se di norma il taglio del cuneo fiscale è improntato a proteggere la capacità di acquisto della cosiddetta classe media, anche se questo concetto appare per molti oramai in disuso o non così rilevante.
Questi cambiamenti saranno presenti sulla quasi totalità delle busta paga già a partire dalle mensilità di giugno 2023, anche se per altre categorie i cambiamenti apportati potrebbero “ritardare” e non manifestarsi fino al mese successivo.
Nel Decreto Lavoro è stato confermato anche il concetto di Fringe benefit, ossia delle agevolazioni traducibili come “compensi in natura” quindi dei bonus non concepiti come denaro vero e proprio per i lavoratori ma qualcosa di più simile a dei buoni per categorie specifiche, così da ridurre la spesa di alcuni beni e servizi per categorie definite, come è stato ad esempio durante il periodo del 2022, in merito ai vari bonus energia e carburanti. L’esecutivo Meloni ha concepito una forma “aggiornata” dei Fringe benefit che sono stati aumentati nell’importo massimo ma allo stesso tempo resi più stringenti e maggiormente concepiti per categorie di lavoratori maggiormente specifiche.
La misura attuale ha visto l’innalzamento della soglia massima di Fringe Benefit fino a 3000 euro per ogni nucleo familiare, ma solo se tra i beneficiari i lavoratori dipendenti con figli, compresi quelli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, come ribadito dal testo del Decreto Lavoro.
L’esecutivo sembra puntare molto su questa forma di agevolazione che però viene anche criticata in quanto queste agevolazioni che possono riguardare le spese assicurative, sanitarie o legate ai trasporti sono completamente a discrezione del datore di lavoro di truno che comunque non “paga” di tasca propria l’importo dei Fringe Benefits, e che può dispensarne in modo relativamente libero.
Per tutte le altre categorie familiari l’importo deducibile dei Fringe Benefits resta lo stesso di quello precedente pari a 258,23 euro, ed in tutti i casi si tratta di importi che non costituiscono reddito per lo stato in fase di affermazione in dichiarazione dei redditi. Va ricordato che solo i lavoratori che hanno un reddito non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili, possono ottenere qualsiasi tipologia di questo beneficio.
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