Le puntate della storia di iliad: episodio 2 < > episodio 4
Terza puntata della nostra serie dedicata alla storia di Iliad. Nell’episodio 1 abbiamo rivissuto la nascita di Iliad mentre nell’episodio 2 ci siamo soffermati sui primi attacchi dei concorrenti. In questo terzo episodio, andremo ad analizzare le caratteristiche della vincente comunicazione Iliad.
Iliad. Una comunicazione vincente
Come abbiamo raccontato, la discesa di Iliad in Italia ha avuto un successo incredibile. Quali sono i motivi per una risposta così pronta da parte dei consumatori Italiani? Li possiamo sintetizzare con due parole: comunicazione più servizio.
L’offerta lancio iniziale era davvero vantaggiosa soprattutto rispetto ai concorrenti principali: prevedeva una tariffa, la Iliad GIGA 30, con minuti e SMS illimitati e 30 Giga in 4G Plus, a soli 5,99 euro al mese. La particolarità che è piaciuta tanto è la mancanza della permanenza minima nel contratto.
Iliad arriva in un momento in cui quasi tutti i consumatori sono insoddisfatti del proprio gestore telefonico, chi per un motivo, chi per un altro. La difficoltà di cambiare gestore a causa anche di un contratto “capestro” che impedisce di lasciare la vecchia compagnia telefonica prima di una data prefissata, salvo penali, è uno dei motivi del malcontento.
Iliad spezza questa consuetudine, con un’altra particolarità: tutti i servizi aggiuntivi sono a costo zero. Anche qui si rivoluziona quella fastidiosa modalità per cui l’utente è costretto a pagare servizi rinnovabili, che anche quando costano pochi centesimi, sommati fanno una piccola cifra annuale. Il consumatore più attento si fa due calcoli, e si rende conto che la sua tariffa mensile costa sempre un po’ più di quanto previsto, se vuole beneficiare ad esempio della segreteria telefonica o del servizio “ti ho cercato”.
Ma a volte le cose che costano poco sono anche di bassa qualità… come convincere dunque il pubblico italiano? Anzitutto con la propria storia. Iliad ha ripercorso in Italia gli stessi passi che l’avevano portata al successo nella terra natìa, con un bel bagaglio di affidabilità. Sin dai primi mesi, le prestazioni erano assolutamente all’altezza delle aspettative, grazie a un massiccio investimento sulle infrastrutture e all’accordo di Ran Sharing con Wind3.
Iliad strizza subito l’occhio ai consumatori più giovani e di conseguenza più informati sulle nuove tecnologie, che sanno verificare la velocità della propria rete e non hanno paura di cambiare gestore: gli stessi che si divertono a frequentare i forum di settore e a recensire il “prodotto” Iliad.
L’azienda si propone dinamica e simpatica. Ecco la parola magica: è una delle poche aziende in cui tutto sembra gradevole, dal modo in cui si pone il suo Amministratore Delegato Benedetto Levi, alle immagini della sede frizzate aziendale, e una campagna pubblicitaria riuscitissima.
La campagna di comunicazione Iliad
La promozione di Iliad infatti è una delle più riuscite degli ultimi decenni.
Ogni comunicatore sa che una campagna funziona davvero se il prodotto alla base esiste ed è valido. Per intenderci: nessuno può vendere delle ottime caciotte, se il committente produce robaccia.
La pubblicità di Iliad parte da un assunto: in Italia tutti detestano il proprio gestore telefonico. È quasi un caso personale. Iliad al contrario è una compagnia sincera, leale, affidabile e valida, che lascia solo Good Vibes.
La comunicazione, affidata alla DDB Group Italy, punta su un rapporto di reciproca stima tra Iliad e i suoi utenti, che sfocia nei social in un vero e proprio amore.
Per Davvero, come recita lo slogan. Finalmente gliela facciamo vedere noi a quei cattivoni delle altre compagnie telefoniche.
Si punta sui giovani ma non solo: la campagna verte sulla dualità VERO-FALSO.
In Italia, dove tutti sospettiamo che la fregatura sia dietro l’angolo, questa pubblicità funziona benissimo. I primi spot mostrano un susseguirsi di scenette esilaranti in cui i protagonisti mentono, ma lo spettatore, trattato come una persona intelligente e non col solito paternalismo, è in grado di saper distinguere la menzogna dalla sincerità.
In mezzo a questo sfottò collettivo finiscono un po’ tutti: i programmi televisivi, lo sport, le facce siliconate e gli atleti dopati, i matrimoni che vanno avanti a corna e bugie, le fake news riportate dai giornali, e ovviamente i politici.
Se eravamo abituati a testimonial con cachet milionari, ora invece non ne abbiamo più bisogno: nessun volto noto, la verità parla da sola, ed è l’unica scelta possibile. “Scegli la verità” recita infatti lo slogan.
Sappiamo tutti che il mega super tasty burger a tre piani in realtà una volta scartato sarà un paninetto tristissimo: sappiamo che il mega direttore è un incapace ragazzino viziato che è stato messo lì solo perché è il figlio del capo. Sappiamo che le cartomanti ci raccontano solo frottole, che il cibo confezionato è pieno di schifezze, che le pubblicità mentono.
Tutte, a parte quella che stai guardando, perché ormai sai riconoscere la verità dalla menzogna. E sai che Iliad non mente. Sei troppo intelligente. Questa stima dello spettatore/consumatore è una particolarità non da poco conto.
La gente non ce la fa più, è diventata talmente sospettosa da essere dietrologica a volte. Non crede più a nulla, è disincantata, e finalmente qualcuno la rende di nuovo protagonista. Il popolo oppresso liberato non dalla Marianne, ma da un contratto telefonico. La Rivoluzione Iliad, per l’appunto.
E se vengono proposti nuovi contratti, non si rompe mai il patto di fiducia coi clienti. Come il bellissimo spot andato in onda durante il lockdown, con protagonisti semplici e indipendenti, o il motto “ la verità fa crescere”.
Quando scoprì la verità, diventi più grande. Ed ecco quindi che anche l’offerta diventa più grande, con un piano tariffario 100 giga, minuti e sms illimitati a 9,99. Ovviamente per sempre e per davvero va da sé.
Immutata invece è la canzone dello spot Iliad, anch’essa raffinata, intelligente e irresistibile. Il titolo del brano è Get Up ( Alzati), una sorta di chiamata alle armi di questo esercito della verità.
Nonostante il messaggio, non ha un sound epico, è anzi simpatico, ballabile, con un ritornello che ti si pianta in testa: “Get up, get out, you lazy lout Get into your working clothes”( alzati, esci fuori pigro zoticone, mettiti gli abiti da lavoro..). Il brano è opera di Chinese Man, un collettivo artistico di Marsiglia, ma in realtà è la cover di una vecchia canzone del 1964 del quartetto folk The Weavers, band newyorkese del Greenwich Village.
Chi è Benedetto Levi, CEO di Iliad Italia?
Chi non è certamente un “pigro zoticone”, come recita la canzone dello spot di Iliad, è l’amministratore delegato Benedetto Levi. L’AD in sneaker che guida la rivoluzione, come lo ha soprannominato la rivista Rolling Stone, è entrato in carica quando non aveva nemmeno 30 anni.
D’altronde Iliad non è un posto da brontosauri, se come ricordiamo il suo babbo Xavier Niel ha posto le basi della sua fortuna a 23 anni… e la storia del Ceo italiano ne ripercorre alcuni passi.
Giovane e intraprendente, Benedetto Levi si è laureato in Ingegneria logistica e della produzione al Politecnico di Torino; in seguito si è trasferito a Parigi conseguendo un master in Management alla Scuola Superiore di Commercio di Parigi (ESCP Europe).
Mentre era ancora impegnato col master, Benedetto Levi fonda insieme a un compagno di studi Extraverso, una start up che produce cover per cellulari made in Italy innovative ed eco friendly. Ha l’intuizione di lanciare in Italia Trainline, il sito su cui siamo tutti finiti ogni volta che dovevamo controllare gli orari dei treni o comprare i biglietti.
La chiamata a Iliad Italia è stata sicuramente una super opportunità per questo giovane che si fa intervistare nella coloratissima sede milanese in jeans e camicia, giocando a biliardino, sedendosi sulle panchine variopinte che dondolano dal soffitto degli uffici.
Il CEO parla in maniera chiara, comprensibile a tutti, rilanciando sempre lo stesso messaggio: la compagnia offrirà un servizio chiaro, vantaggioso per tutti, senza strani contratti unilaterali incomprensibili. La sede di Iliad Milanese è il luogo in cui chiunque vorrebbe lavorare, anche un bambino, con il suo salottino fatto di prato, le pareti dipinte da artisti, le amache, e le vetrate luminosissime.
Benedetto Levi si presenta sorridente ed emozionato, racconta di far parte di un team che davvero ci crede, non si nasconde, partecipa a feste aziendali degne delle migliori commedie americane con tanto di maglioncini natalizi, si sottopone addirittura alla macchina della verità interrogato da un criminologo antropologo forense per dimostrare una volta per tutte che non c’è niente da nascondere.
La scuola Iliad arriva in Italia
Oltre al 5 G e alla fibra, un’altra grande novità targata Iliad conquista il nostro Paese. Si tratta della Scuola 42. Già presente in Francia, l’École42 è stata fondata da Xavier Niel seguendo la filosofia che gli è sempre appartenuta durante tutte le sue avventure: puntare sulle nuove tecnologie e dare spazio alle menti più creative delle nuove generazioni.
La scuola è gratuita, senza professori, ed è aperta a tutti i ragazzi tra i 18 e i 28 anni che possono accedervi senza curriculum. Il requisito richiesto è la capacità e la competenza. I giovani sono selezionati attraverso una sorta di giochi on line.
Chi supera la preselezione accede a quella che viene chiamata la Piscina, ( La Piscine, in francese), dove ci si immerge letteralmente per 4 settimane nella scuola. Tutti i giorni, compresi i weekend, i ragazzi lavorano a un ritmo serrato per accedere al test finale che permette l’accesso alla Scuola 42. Infine, superando una serie di prove a livelli progressivi, si arriva al traguardo. Chiunque sia uscito finora dalla scuola non ha avuto alcun tipo di problema a trovare un buon lavoro nel campo del coding.
Rispetto alle scuole tradizionali, qui i ragazzi sono completamente indipendenti, per lo più padroni del loro corso, spesso possono concentrarsi sui temi a loro più vicini e progredire col ritmo che più si addice per evitare il “game Over”.
Sì, perché tutto è strutturato come un gioco, ma giocare in questo caso è una roba seria, che agisce sulla motivazione e l’autodeterminazione, come si legge nel sito ufficiale della scuola francese. Lavorare è un momento dove si coniugano competenza, autonomia e benessere. Il concetto alla base di questa scuola è futuristico, e dà frutti veloci e importanti.
Infatti l’École si è diffusa con una velocità impressionante prima ( ovviamente) nella Silicon Valley con 42 Fremont, in seguito a Lione, Bruxelles, Mosca e in Marocco, con ben due sedi. Nel 2019 è nata 42 Network, che ha portato l’École in molti paesi avvalendosi di partnership locali, diramandosi nel Nord Europa ( Helsinki, Amsterdam), in Canada, in Brasile, in Giappone, Colombia, Spagna, Portogallo. Finalmente è il turno dell’Italia, in collaborazione con l’università Luiss.
Born to code! Recita il sito di 42 Roma Luiss, che prevede lo stesso rivoluzionario metodo: nessun background per essere ammessi, richiesto massimo impegno e passione. Niente professori, niente aule, ma spazi comuni per crescere insieme grazie alla condivisione di idee e informazioni, aperti 24 su 24, 7 giorni su 7.
Se negli anni ’80 tutti avremmo voluto frequentare la scuola di Fame, cantando e ballando sui taxi gialli, questa generazione ha a disposizione la scuola più bella del mondo. Che ti fa anche trovare lavoro. Sembra un sogno, ma forse è lei, la rivoluzione.
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